Raramente si assiste al monopolio delle cronache di un argomento riguardante il mondo della produzione
come quello degli ultimi mesi riguardo l’industria 4.0.
Il tema è di primario interesse e fornisce infiniti spunti di riflessione;
tuttavia non mi soffermerò sulla portata della comprensione della rivoluzione (di questo si tratta)
da parte delle aziende italiane, né se le misure della politica siano state giuste o no.
Fatto sta che l’industria 4.0 è un’indicazione verso una direzione che si chiama
DIGITALIZZAZIONE ed EFFICIENTAMENTO
attraverso diversi strumenti quali: gestione dei “big data”, tecnologie innovative (tipo la stampa 3D, robot), ecc.
Gli strumenti son già pronti da anni e non c’è un metodo univoco che ne spieghi il solo ed unico corretto utilizzo: semplicemente perché un solo ed unico corretto utilizzo non c’è!
Tuttavia, nella personalissima lettura che ogni azienda dà alla nuova rivoluzione industriale ci sono strumenti che spesso non vengono considerati se non marginalmente: LE PERSONE.
Parlo di un tema spinoso che si porta dietro anni di incomprensioni, di atavica italianità quando non di aspre lotte sociali che fanno sì che pur non essendoci schieramenti, ci si “classifichi”: operai, padroni, colletti bianchi e così via.
Il punto è che:
ognuno è convinto di star peggio dell’altro e di essere vittima di ingiustizie.
E ognuno è incapace di vedere il mondo da una prospettiva diversa e più ampia, quella che può dare un quadro completo ed inclusivo, che faccia scoprire che siamo sulla stessa maledetta barca.
Lavorando con le persone e per le persone, sono spesso complice involontario di quel tipo di confessioni che si fanno, per così dire, “in separata sede”.
“Ai miei dipendenti non gli frega niente del lavoro.” – oppure – “Il nostro padrone non capisce niente, gli interessa solo il guadagno: potremmo anche scoppiare!“
L’imbarazzo è tanto a volte, anche quando cerco di contrastare la rabbia e gli sfoghi con l’invito a mediare, ma non è affatto semplice.
Ecco perché a volte c’è una distorsione sulla percezione di quali reali cambiamenti può portare l’industria 4.0.
Ho sentito imprenditori che valutavano l’acquisto di sistemi avanzati esclusivamente per potersi finalmente sbarazzare dei propri “pelandroni” in qualche misura.
Vogliono un robot e sistemi intelligenti automatici evoluti così da poter inserire un meno oneroso scimpanzé alla macchina e, a contratto terminato, valutare l’inserimento di un orango o di un ancor più economico gibbone.
“Quello che fa il padrone ha solo lo scopo di fregarci e su questo guadagnarci.“
È la convinzione comune.
D’altro canto, ciò che resta della “massa operaia”, così frustrata e reietta a qualsiasi cambiamento, non sa che valutare in maniera negativa qualsiasi tentativo di innovazione.
Ed ecco quindi che un sistema gestionale a codice a barre appare come un “grande fratello” che controlla chi sbaglia, chi rallenta o chi non produce e lo identifica.
È questa l’industria 4.0 che vogliamo?
Non sarebbe il caso di evolverci pure noi lavoratori?
O vogliamo tornare ad essere scimmie, anche se circondate da mezzi sempre più tecnologici?
Cominciamo a non dividerci più in classi e sottoclassi, fazioni e gruppetti: siamo tutti lavoratori, o per lo meno dovremmo esserlo.
- L’imprenditore lavora. Con delle peculiari responsabilità sulle spalle per di più. Magari con maggiori guadagni, se va bene, ma con crucci che farebbero esaurire la maggioranza delle persone.
- L’ufficio tecnico lavora. Non può sapere bene tutto, men che meno un ingegnere può sapere come si salda o come si piega una lamiera, perché ha studiato tutt’altro e dovrebbe aver imparato ad imparare.
- L’operaio lavora. A volte con fatica e spesso arriva giusto a fine mese. Questo lo rende nervoso, a maggior ragione quando davanti alla porta di ingresso dell’azienda vede parcheggiare i mega suv che gli piacerebbero tanto anche a lui.
Ognuno ha la sua parte e se crediamo che le nuove tecnologie siano un viatico per renderci più distanti ancora a tal punto da non aver più bisogno gli uni degli altri allora ci stiamo inesorabilmente imbarbarendo, involvendo.
Per questo alla base della formazione che propongo credo che ci siano aspetti fondamentali da trasmettere ancor prima di quelli tecnici e si chiamano:
- CONDIVISIONE
Le informazioni vanno comunicate su tutta la filiera produttiva affinché i problemi vengano risolti a monte.
Nel mio caso (l’insegnamento del processo di pressopiegatura) cosa può fare un ragazzino in produzione quando i pezzi arrivano sistematicamente sbagliati negli sviluppi? E se sono tagliati da venti lamiere diverse e mischiati assieme? Lo si può accusare di non essere produttivo se ci mette tanto a piegare?
- PASSIONE
Si può essere appassionati del proprio mestiere pur non essendo calciatori, musicisti o pornodivi?
Eccome no! Nonostante la nostra società drogata di idiozie mediatiche spesso sembra sostenere il contrario. Provare piacere nel disegnare un pezzo metallico e vederlo realizzare, oppure piegare donando volume a un foglio piano di lamiera in una forma che pareva impossibile, o ancora, staccare il prezzo migliore di una fornitura, aggiudicarsi un lavoro, vestire i panni del caporeparto.
“E se dovessi farlo tu?” – dovremmo chiedere a noi stessi quando crediamo di essere più bravi.
“Piegali tu 100 articoli diversi senza sbagliare un colpo.“
“Taglia tu al plasma con 40 gradi in capannone e le suole che si sciolgono sugli sfridi tagliati al cannello.“
“Disegna tu con tremila viste diverse e che si smentiscono una con l’altra.”
“Vacci tu davanti al giudice perché un operaio si è fatto male!” e potrei continuare all’infinito…
- COMUNICAZIONE
La base di tutto, le radici della pianta, senza le quali siamo destinati a cadere.
Per questo a parlare di quali sono i problemi in piegatura e come mai succedono certe cose ci devono essere tutti: davanti ad un estraneo e/o fuori dal proprio contesto si gettano i semi per far germogliare canali nuovi di comunicazione che non potrebbero mai nascere altrimenti.
Alla fine di tutto comunque quello che conta in qualsiasi attività sono le persone, per pianificare il miglioramento di un’azienda in qualsiasi senso, anche in ottica 4.0, abbiamo bisogno dei lavoratori 2.0.
Perché più tecnologia non significa meno umanità.
Se sei interessato ad approfondire altri aspetti della piegatura della lamiera puoi:
Scrivermi una mail all’indirizzo emiliano@accademiadellapiegatura.it
Visitare il sito internet www.accademiadellapiegatura.it
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